
La questione relativa ai pigmenti impiegati per il trucco permanente e per i tatuaggi risulta essere poco chiara ai più. E’ difficile districarsi tra le varie informazioni in circolazione per capire davvero quali pigmenti possano considerarsi sicuri per la salute, legali secondo le normative vigenti e funzionali al loro scopo. Questa cattiva informazione è foriera di ingiustificato terrorismo e totale inconsapevolezza. Molto spesso sia chi sceglie di farsi realizzare un tatuaggio o di sottoporsi a un trattamento di trucco permanente, sia, ancora peggio, chi esegue questi trattamenti, non conosce davvero le caratteristiche del pigmento che viene utilizzato.
Buona parte di questa confusione è dovuta alla mancanza delle giuste competenze in ambito chimico e biologico necessarie a comprendere davvero la funzione, i benefici e gli eventuali rischi delle componenti dei vari colori. E’ per questo doveroso cercare di fare chiarezza, nei termini meno specialistici possibili, riguardo questa tematica.
La normativa resap 2008 per la sicurezza dei pigmenti da tattoo
Nel 2003, e successivamente nel 2008, a seguito della diffusione sempre più massiccia della moda del trucco permanente e dei tatuaggi, nonché della crescente reperibilità di pigmenti online, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha scelto di redigere uno specifico documento atto a stabilire in modo chiaro e uniforme le norme riguardo i pigmenti da tatuaggio e da trucco permanente. Risultato di tale provvedimento è la normativa ReSap 2008, un documento che, in poche pagine, sancisce le regole relative alle condizioni igieniche adatte per l’esecuzione di tatuaggi e di trattamenti di trucco permanente e compie un valutazione dei rischi sulla salute legati alle sostanze che compongono i pigmenti. A questa valutazione segue l’imposizione di limiti massimi consentiti dei livelli di concentrazione di determinate componenti e un elenco aggiornato di tutte le sostanze totalmente vietate nella formulazione di pigmenti da tatuaggio e da PMU. Vengono inoltre identificate specifiche misure di conservazione e di etichettatura dei pigmenti.
La Resap 2008 è ormai limitativa
Nel 2019 tuttavia, tale normativa risalente a più di 10 anni fa risulta essere limitativa e ormai inadatta. Questa infatti non riesce a tenere conto di numerosi altri aspetti entrati nel mondo del trucco permanente e dei tatuaggi a seguito della sua stesura. Innanzitutto, a questa normativa europea sono andate nel corso degli anni aggiungendosi altre regolamentazioni locali, diverse per ogni paese, che non sempre ricadono correttamente sotto quanto stabilito dalla ReSap 2008. Di conseguenza si sono generati una serie di particolarismi e incongruenze, causa di quella confusione a cui si accennava sopra.
Altre tecnologie per la misurazione dei livelli massimi
Inoltre, la normativa del 2008 non è, e non può esserlo per forza di cosa, al passo con le nuove tecnologie che hanno permesso non soltanto di sviluppare nuove tipologie di pigmenti, ma anche di implementare nuovi e diversi metodi di misurazione delle varie componenti. Questo significa che i livelli massimi consentiti dalla ReSap 2008 vengono oggi misurati con strumentazioni e parametri differenti, il che fa perdere il senso reale di tali valori. Va peraltro aggiunto che la normativa stessa di per sé non risultava chiara sulle modalità di misurazione da mettere in atto, il che aveva comportato confusione sin dal principio, dal momento che diverse modalità di misurazione (ad esempio il metodo della totale dissoluzione in acido solforico comparato a quello della “lacrima artificiale”) portano a risultati anche molto differenti tra loro.
Si può ben dire quindi che ad oggi manca, per questo settore, una legislazione lineare, coerente ed efficace, in grado davvero di tutelare gli utenti interessati a questi trattamenti e di fare chiarezza sulla questione.